Da anni si parla di smart city.
La nostra riflessione , svoltasi in un convegno di lunedì 13 marzo
2017, su come declinare nella città di Cantù tale modello è partita da una
definizione neutra di “città intelligente”:
mettere in relazione le infrastrutture materiali della città «con
il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita».
Questa azione politica volta a implementare il capitale umano e quindi
il grado di intelligenza distribuita all’interno della nostra cittadina va
svolta con capacità critiche, e senza esaltare in modo aprioristico un
concetto, senza averne comprese le potenzialità, certo, ma anche le criticità.
L’idea di fondo riguarda la possibilità di aumentare le prestazioni
urbane, aumentando le dotazioni infrastrutturali ma anche la qualità della
comunicazione, delle conoscenze, del capitale sociale. Cioè dei cittadini che
vi abitano e vi lavorano.
Quanto più elevati sono questi fattori, tanto più alta sarà la
competitività urbana di Cantù.
Quindi una città è intelligente, o smart, per usare l’anglismo, quando
le si assicura uno sviluppo sostenibile, alta qualità della vita, gestione
intelligente delle risorse ambientali, all’interno di una coerente azione
partecipativa.
Il nostro punto di partenza è stato naturalmente la delibera del
Consiglio comunale con cui si avvia una pratica di Project Financing, con la quale dare in appalto la sostituzione, la
gestione e la manutenzione dei 4.500 punti luce presenti nel territorio
comunale. Costo dell’operazione, 600 mila euro annui, per quindici anni, cioè
nove milioni di euro. È questo il valore della bolletta energetica cittadina,
che sarà offerta al privato che garantirà un progetto più innovativo e compatibile
con le condizioni comunali.
E qui nascono le prime difficoltà.
Primo tema. Anzitutto,
l’assenza di un vero Piano regolatore dell’illuminazione comunale (PRIC).
Esiste, certo, un documento così intitolato nei cassetti del Comune di Cantù.
Si tratta di un elaborato stilato da Enel Sole, ma in esso l’individuazione
della tipologia delle reti non è stata fatta su supporto cartografico, ma
tramite elenco in cui sono riportati, divisi per vie del comune, i pali della
luce, l’armatura e la potenza del corpo luminoso. Si tratta di fatto di una
fotografi a dell’esistente, ai tempi dati, sul territorio comunale. La Regione
Lombardia, invece, ha emanato nel 2007 specifiche linee guida che impongono una
precisa attrezzatura normativa e una relazione completa sul quadro
dell’illuminazione urbana, al fine di garantire risparmio energetico,
razionalizzazione del sistema, riduzione dell’inquinamento luminoso.
Tale Piano regolatore comunale deve partire da una classificazione
delle strade, della loro importanza, per giungere a una classificazione
illuminotecnica, alla luce dei flussi di traffico e dell’uso pubblico di una
strada o di una piazza.
Ora, concedere a un privato la gestione di 4.500 punti luce, senza aver proceduto preventivamente a tale classificazione/progettazione,
significherebbe consegnare a tale gestore una discrezionalità enorme. Per
questa ragione, pensiamo che il prossimo consiglio comunale e la prossima
Giunta dovrebbero procedere tempestivamente in questo compito, e cioè stilare
il PRIC che deve essere preliminare allo svolgimento della gara stessa, con la
quale dare in concessione a privati l’intera rete d’illuminazione cittadina.
Le ragioni sono economiche, oltre che normative. I costi delle lampade
a led sono molto elevati. Quindi è presumibile che un privato interessato a un consumo il più
possibile ridotto di tali lampade possa procedere a una riduzione
dell’illuminazione notturna, al fine di conservare la durata dei corpi
illuminanti. Insomma, il rischio è che la logica della massimizzazione del
profitto del privato si traduca, in assenza delle indicazioni vincolanti di un
Piano regolatore comunale in tema, in una riduzione del servizio.
Secondo tema. Nel bando del Project financing non è fatto cenno alla
tipologia di servizi aggiuntivi che potrebbero essere introdotti in ambito di
gara d’appalto. Si tratta di servizi ad alto valore aggiunto, e di grande
valore sociale. Sono essi che garantirebbero molti plus sociali alla città di Cantù. Questa presenza non è necessaria,
e tuttavia si rende utile che la cittadinanza sappia quanti e quali servizi
potrebbero essere considerati in una gara d’appalto.
Si va dai servizi tradizionali: hot spot e rete wifi;
videosorveglianza; telefonia VoIP; risparmio energetico; ai servizi più
avanzati, veri e propri living lab: il controllo dei parcheggi liberi; il
telecontrollo delle caldaie e dei loro termostati negli edifici pubblici; il
controllo dei contenitori di rifiuti urbani; il controllo del traffico.
Noi puntiamo a qualificare maggiormente tali servizi, al di là della
sostituzione dei corpi luminosi tradizionali con le luci a led. E tuttavia,
sappiamo che è indispensabile avviare un confronto pubblico esteso e
qualificato, se si vuole che questa gara pubblica sia un vera occasione per la
qualificazione urbana cittadina, per la (ri-)nascita di una Cantù col segno più. Pensare che tale
tematica si possa svolgere esclusivamente in sede tecnica non ci porterebbe da
nessuna parte.
Altre volte, i medesimi uffici comunali coinvolti in questo bando di
gara, hanno gestito un Project financing
con esiti non proprio entusiasmanti (il caso del palababele / palaturra è lì a
dimostrarlo). La vigilanza dei cittadini
è quindi indispensabile, anche e soprattutto in questa fase preelettorale.
Concludiamo con due casi concreti di servizi aggiuntivi, che proponiamo
come indispensabili alla nostra città, e che potrebbero essere compresi nella
gara pubblica di cui stiamo parlando.
a)
La
videosorveglianza. Sarà possibile applicare a uno qualsiasi dei pali della
luce presenti sul territorio comunale una videocamera, telecontrollata, le cui
immagini potrebbero essere tenute sotto controllo tanto da una centrale
comunale, quanto da uno specifico utente autorizzato. Sarebbe quindi possibile
che un commerciante, ad esempio, potesse visionare l’entrata del proprio locale
commerciale, tramite smartphone o tablet. Oltre al controllo e alla
registrazione dei dati che avverrebbe a livello comunale.
b)
Si parla tanto in questi tempi (passaggio
stagionale) di edifici pubblici
surriscaldati, con temperature elevate. Un sistema di telecontrollo
potrebbe tenere sotto controllo le caldaie di quegli edifici, evitando inutili
sprechi energetici.
Si tratta di due specifici casi, altri ancora ne potremmo sollevare.
Di certo, questa “tecnologia abilitante” è una scommessa per la Cantù
del futuro. Essa ci permetterebbe di distribuire l’intelligenza urbana, verso
il basso, verso l’utenza cittadina, ovvero i singoli cittadini. Questo sarebbe
l’inizio di una vera rivoluzione nel concepire il rapporto tra cittadini e
pubblica amministrazione, dando vita a una nuova relazione, in cui il pubblico
dismette i panni del controllore totale, e si promuove come partner a pari
grado con i cittadini e i privati.
È la vera scommessa della Cantù
col segno più che noi vogliamo promuovere.
Ringraziamo per il loro importante contributo l’ingegner Edoardo Pivanti e l’ingegner Umberto Binotti.
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