mercoledì 15 marzo 2017

Bando LED: il Comune recuperi il ritardo


Da anni si parla di smart city.
La nostra riflessione , svoltasi in un convegno di lunedì 13 marzo 2017, su come declinare nella città di Cantù tale modello è partita da una definizione neutra di “città intelligente”:  mettere in relazione le infrastrutture materiali della città «con il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita».
Questa azione politica volta a implementare il capitale umano e quindi il grado di intelligenza distribuita all’interno della nostra cittadina va svolta con capacità critiche, e senza esaltare in modo aprioristico un concetto, senza averne comprese le potenzialità, certo, ma anche le criticità.
L’idea di fondo riguarda la possibilità di aumentare le prestazioni urbane, aumentando le dotazioni infrastrutturali ma anche la qualità della comunicazione, delle conoscenze, del capitale sociale. Cioè dei cittadini che vi abitano e vi lavorano.
Quanto più elevati sono questi fattori, tanto più alta sarà la competitività urbana di Cantù.
Quindi una città è intelligente, o smart, per usare l’anglismo, quando le si assicura uno sviluppo sostenibile, alta qualità della vita, gestione intelligente delle risorse ambientali, all’interno di una coerente azione partecipativa.
Il nostro punto di partenza è stato naturalmente la delibera del Consiglio comunale con cui si avvia una pratica di Project Financing, con la quale dare in appalto la sostituzione, la gestione e la manutenzione dei 4.500 punti luce presenti nel territorio comunale. Costo dell’operazione, 600 mila euro annui, per quindici anni, cioè nove milioni di euro. È questo il valore della bolletta energetica cittadina, che sarà offerta al privato che garantirà un progetto più innovativo e compatibile con le condizioni comunali.
E qui nascono le prime difficoltà.

Primo tema. Anzitutto, l’assenza di un vero Piano regolatore dell’illuminazione comunale (PRIC). Esiste, certo, un documento così intitolato nei cassetti del Comune di Cantù. Si tratta di un elaborato stilato da Enel Sole, ma in esso l’individuazione della tipologia delle reti non è stata fatta su supporto cartografico, ma tramite elenco in cui sono riportati, divisi per vie del comune, i pali della luce, l’armatura e la potenza del corpo luminoso. Si tratta di fatto di una fotografi a dell’esistente, ai tempi dati, sul territorio comunale. La Regione Lombardia, invece, ha emanato nel 2007 specifiche linee guida che impongono una precisa attrezzatura normativa e una relazione completa sul quadro dell’illuminazione urbana, al fine di garantire risparmio energetico, razionalizzazione del sistema, riduzione dell’inquinamento luminoso.
Tale Piano regolatore comunale deve partire da una classificazione delle strade, della loro importanza, per giungere a una classificazione illuminotecnica, alla luce dei flussi di traffico e dell’uso pubblico di una strada o di una piazza.
Ora, concedere a un privato la gestione di 4.500 punti luce,  senza aver proceduto preventivamente  a tale classificazione/progettazione, significherebbe consegnare a tale gestore una discrezionalità enorme. Per questa ragione, pensiamo che il prossimo consiglio comunale e la prossima Giunta dovrebbero procedere tempestivamente in questo compito, e cioè stilare il PRIC che deve essere preliminare allo svolgimento della gara stessa, con la quale dare in concessione a privati l’intera rete d’illuminazione cittadina.
Le ragioni sono economiche, oltre che normative. I costi delle lampade a led sono molto elevati. Quindi è presumibile che un  privato interessato a un consumo il più possibile ridotto di tali lampade possa procedere a una riduzione dell’illuminazione notturna, al fine di conservare la durata dei corpi illuminanti. Insomma, il rischio è che la logica della massimizzazione del profitto del privato si traduca, in assenza delle indicazioni vincolanti di un Piano regolatore comunale in tema, in una riduzione del servizio.

Secondo tema. Nel bando del Project financing non è fatto cenno alla tipologia di servizi aggiuntivi che potrebbero essere introdotti in ambito di gara d’appalto. Si tratta di servizi ad alto valore aggiunto, e di grande valore sociale. Sono essi che garantirebbero molti plus sociali alla città di Cantù. Questa presenza non è necessaria, e tuttavia si rende utile che la cittadinanza sappia quanti e quali servizi potrebbero essere considerati in una gara d’appalto.
Si va dai servizi tradizionali: hot spot e rete wifi; videosorveglianza; telefonia VoIP; risparmio energetico; ai servizi più avanzati, veri e propri living lab: il controllo dei parcheggi liberi; il telecontrollo delle caldaie e dei loro termostati negli edifici pubblici; il controllo dei contenitori di rifiuti urbani; il controllo del traffico.
Noi puntiamo a qualificare maggiormente tali servizi, al di là della sostituzione dei corpi luminosi tradizionali con le luci a led. E tuttavia, sappiamo che è indispensabile avviare un confronto pubblico esteso e qualificato, se si vuole che questa gara pubblica sia un vera occasione per la qualificazione urbana cittadina, per la (ri-)nascita di una Cantù col segno più. Pensare che tale tematica si possa svolgere esclusivamente in sede tecnica non ci porterebbe da nessuna parte.
Altre volte, i medesimi uffici comunali coinvolti in questo bando di gara, hanno gestito un Project financing con esiti non proprio entusiasmanti (il caso del palababele / palaturra è lì a dimostrarlo).  La vigilanza dei cittadini è quindi indispensabile, anche e soprattutto in questa fase preelettorale.

Concludiamo con due casi concreti di servizi aggiuntivi, che proponiamo come indispensabili alla nostra città, e che potrebbero essere compresi nella gara pubblica di cui stiamo parlando.
a)      La videosorveglianza. Sarà possibile applicare a uno qualsiasi dei pali della luce presenti sul territorio comunale una videocamera, telecontrollata, le cui immagini potrebbero essere tenute sotto controllo tanto da una centrale comunale, quanto da uno specifico utente autorizzato. Sarebbe quindi possibile che un commerciante, ad esempio, potesse visionare l’entrata del proprio locale commerciale, tramite smartphone o tablet. Oltre al controllo e alla registrazione dei dati che avverrebbe a livello comunale.
b)      Si parla tanto in questi tempi (passaggio stagionale) di edifici pubblici surriscaldati, con temperature elevate. Un sistema di telecontrollo potrebbe tenere sotto controllo le caldaie di quegli edifici, evitando inutili sprechi energetici.
Si tratta di due specifici casi, altri ancora ne potremmo sollevare.

Di certo, questa “tecnologia abilitante” è una scommessa per la Cantù del futuro. Essa ci permetterebbe di distribuire l’intelligenza urbana, verso il basso, verso l’utenza cittadina, ovvero i singoli cittadini. Questo sarebbe l’inizio di una vera rivoluzione nel concepire il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione, dando vita a una nuova relazione, in cui il pubblico dismette i panni del controllore totale, e si promuove come partner a pari grado con i cittadini e i privati.
È la vera scommessa della Cantù col segno più che noi vogliamo promuovere.


Ringraziamo per il loro importante contributo l’ingegner Edoardo Pivanti e l’ingegner Umberto Binotti.

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