mercoledì 8 aprile 2015

Expo, occasione perduta. Promemoria per il sindaco


Nei giorni scorsi il critico d’arte Philippe Daverio, intervenendo sullo stato di degrado del mosaico del 1957 di Lucio Fontana, 150 metri quadri in progressivo deterioramento, ebbe a dire che “molto difficilmente arriveranno turisti a Cantù per l’Expo. Nonostante la presenza della basilica di Galliano. E questo, perché è mancata la promozione”.
A tanto grave accusa, il sindaco ha deciso di rispondere con un intervento paradossale, ma forse non troppo, riconoscendo che “ Cantù non ha e non può avere una vocazione turistica. Tolta la basilica di Galliano e poco altro, non abbiamo nulla. Non siamo né Milano né Como né una città d’arte. Dire il contrario è da folli”.

Ebbene, queste affermazioni del Sindaco di Cantù sono disarmanti, perché contraddicono quanto lo stesso comune di Cantù ha intrapreso, istituendo un proprio ufficio di marketing per promuovere l’immagine del comune . E sinceramente, leggere dal proprio sindaco una dichiarazione tanto arrendevole, è umiliante per quanti si sono imbattuti e tutt’ora si imbattono in esempi di arte e di architettura, tanto vivi e presenti in città. Ma questa è una nemesi storica, una lezione per chi voleva trasformare  la città in una Svizzera e oggi si ritrova a negarne la bellezza, anche quella con cui vive ogni giorno a contatto visivo.

A suo beneficio, vogliamo segnalare alcune delle bellezze notevoli delle città.

Chiunque, quando si parla di arte e storia a Cantù, inizia il proprio elenco dalla basilica di Galliano, che, da sola, varrebbe una visita giornaliera nella nostra cittadina. E con San Vincenzo e il suo battistero, l’intero borgo, e la villa Foppa Pedretti, già aperta alle visite del pubblico dal FAI.
Poi, vi è a Fecchio la Villa Orombelli, la cascina di San Giuliano, che ospitava una piccola chiesa del XIII secolo,  e quindi la cascina di Santa Naga.
Nel centro storico, troviamo la chiesa di San Teodoro,  con il suo portale barocco, la chiesa di Sant’Antonio, la villa Somigliana di Lissaga. Vi è poi la Villa Bianchi della Brugnola, con la propria chiesetta ancora consacrata, la Villa Argenti e la villa degli Archinti, l’ex chiesa di San Francesco, in via Cimarosa, presso la scala santa.
Vi sono poi la basilica di San Paolo, con il proprio campanile, l’oratorio della Beata Vergine, la Porta ferraia, il Palazzo Pietrasanta, con  il palazzo della prepositura e la torre del 1200.
Vi sono poi le torri di via Corbetta, di origine medievale, che sono monumenti nazionali. Anche il palazzo dove è ospitata la casa di riposo era una villa importante. E proprio lì nei pressi, la chiesa di Santa Maria con l’ex chiostro benedettine e quella di  Sant’ Ambrogio, complesso dove erano ospitate le monache agostiniane.
Vi è quindi, sempre nel centro storico, Il palazzo Archinto, delle suore sacramentine,  con la chiesa di San Michele e le proprie componenti romaniche.
Inoltre, vi è il Palazzo Pogliani di via Matteotti, l’ex oratorio femminile.
E infine vi è una serie di residenze importanti, quali il Palazzo Utilcasa di via Corbetta, Casa Garbagnati, la Casa in via Longoni, le due case Colombo in via  IV novembre, le tombe Colombo e Marelli del cimitero maggiore: tutti esempi di edifici razionalisti presenti in città.
Inoltre, sempre esempio di edificazione razionalista, la scuola di via Andina, di Attilio Terragni.
E per concludere l’edificio della Scuola media Tibaldi dell’architetto Aldo Rossi.

Inoltre, vi è il Santuario della Madonna, del XVI secolo, con gli affreschi  del Fiammenghino, la chiesa di Sant’ Ambrogio con affreschi dei fratelli Recchi.
E quindi le ville: Villa Longhi, poi Villa Scotti di via Alciato, e Villa Calvi con il suo parco.

Un rapido sommario del patrimonio storico, architettonico a artistico dovrebbe fare riflettere un amministratore sulla grande qualità e quantità di bellezze capaci di attrarre un pubblico interessato a conoscere la città e la sua arte. A queste, però, vanno aggiunte anche iniziative sicuramente attrattive per un tipo di pubblico interessato alla cultura, tra cui l’annuale concorso pianistico della scuola di musica, e la festa del legno, con il museo del legno del suo ideatore, Riva 1920. Ogni giorno, infatti, chiunque si rechi a visitarlo in via Milano trova presenze di turisti, soprattutto stranieri.
Che il sindaco abbia esagerato, nell’intenzione di dissimulare le proprie inadeguatezze, lo confermano anche le citazioni di Cantù nelle guide turistiche, tra queste la guida Touring, che da sempre orientano i turisti.
Insomma, una dichiarazione improvvida che tradisce molto nervosismo e qualche trascuratezza da parte del primo cittadino. Servirebbe semmai maggior sforzo, una strategia più consapevole e determinata, per generare attorno a Cantù maggiore attenzione.
Dunque, dalla trasandatezza con cui agisce e dichiara il sindaco cittadino, emerge tutta la natura chiusa e difensiva del suo modo d’intendere la propria città. Che egli non sa intendere come sede di sapienza, ovvero di sapidità, saper fare e saggezza. Non riesce a concepirla come un patrimonio da custodire, valorizzare e tramandare agli altri, anche a quanti verranno dopo di lui. E con ciò egli sancisce il fallimento del proprio progetto politico.
Ma una cosa è certa, e ha ragione Philippe Daverio: Expo sarà un’occasione perduta per il comune di Cantù, e dire che per ben sei mesi il treno Como – Expo fermerà alla stazione di Cantù Asnago, e a quanto pare passerà invano.

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