Le dichiarazioni del Sindaco Bizzozero apparse sul quotidiano La
Provincia di oggi sono desolanti ed evidenziano la realtà di un’amministrazione
in crisi d’ossigeno, bloccata, con un bilancio chiaramente deficitario.
Si limita a indicare alcuni impegni di cui però non spiega la
consistenza né la fattibilità in termini di bilancio. Anzi, avendo visto le
reali condizioni del pluriennale presentato dal suo assessore, ci viene da
immaginare che molte delle sue promesse di fine 2014 si riveleranno di
difficile realizzazione.
La Cantù che verrà sarà quindi più povera di investimenti, ma
soprattutto più povera di idee e di progetti realizzabili. E la vera causa di
questa povertà risiede proprio nelle scelte politiche, alcune molto discutibili,
assunte da questa amministrazione nei due anni passati. Essa ha infatti posto
la città di Cantù su un binario di cui non si capisce bene la destinazione
istituzionale. Ha isolato la seconda città della provincia in un cono d’ombra
nel quale sono smarrite le relazioni istituzionali, i rapporti politici con le
istanze superiori (Provincia, Regione, Governo nazionale), persino il contatto
con un contesto sociale che appare sempre più difficile da affrontare e contro il
quale non ci si può limitare a imputare la colpa al destino cinico e baro.
Le tre decisioni politiche istituzionali assunte da questa maggioranza
nel 2014 sono infatti la prova di tale chiusura autistica: la decisione di
ospitare continuativamente il festival
nazionale dei neonazisti a Cantù; la partecipazione disastrosa alle
elezioni provinciali di secondo grado con una coalizione al cui interno si sono
ritrovati dei compagni di viaggio poco edificanti; la risibile prospettiva di
raccogliere il consenso di un terzo delle amministrazioni comunali delle
provincie di Sondrio, Lecco e Como per avviare un processo costituzionale che
si concluda con l’impossibile prospettiva di dare vita a una regione autonoma,
ecco tutto ciò testimonia del grave processo di separazione che si è prodotto
tra l’attuale giunta cittadina e la realtà. Inseguire progetti ambiziosi
sarebbe infatti segno di grande coraggio; inseguire i mulini a vento, sarà pur
bello nel romanzo picaresco del Seicento, ma non si addice a chi ha il dovere
oltre che il diritto di amministrare un comune di quasi 40 mila abitanti.
Quanto alle sue promesse, i canturini non dovranno altro fare che
attendere che si realizzino o meno. Ma di una cosa la città di Cantù non ha
bisogno in questi tempi di crisi: ovvero di una consultazione sul tema moschea
sì, moschea no, che finirebbe inevitabilmente per creare divisioni e innaturali
fratture ideologiche. Oltretutto, si tratterebbe di una consultazione che
chiamerebbe in causa diritti sanciti sul piano costituzionale e siamo
fermamente convinti che, in quanto tali, essi non possono essere rimessi in
discussione per mezzo di un semplice procedimento amministrativo.
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