lunedì 2 novembre 2015

Mauro Magatti a Cantù, una politica generativa per uscire dalla crisi, ridicendo il concetto di libertà

Lunedì 26 ottobre scorso, il professor Mauro Magatti è stato a Cantù per partecipare all’incontro di presentazione del suo libro, scritto a quattro mani con Chiara Giaccardi, dedicato alla proposta di un manifesto per gli uomini liberi. Il titolo del libro è: Generativi di tutto il mondo unitevi!
Per noi del Partito democratico, organizzatori del dibattito, si è trattato del primo di una serie di incontri, finalizzati all’approfondimento di temi programmatici in vista delle future elezioni amministrative del 2017. In un certo senso, a questo incontro abbiamo attribuito il compito di fornire un indice generale per un programma/progetto di governo della città.
Ci è piaciuta davvero molto la definizione di una politica generativa, ovvero una politica che non produce spinte de-generative, come tante si manifestano di questi tempi. Essa è intesa come “uno dei mezzi per trovare un senso alla città”.
Essa è uno dei mezzi non il mezzo, e questo già anticipa quel movimento “deponente” che il libro di Magatti-Giaccardi indica come obiettivo di una nuova società che amplia la libertà senza negare un proprio futuro. Dire che la politica è uno dei tanti mezzi, non l’unico, di un progetto di governo sociale significa riconoscerne in un certo senso il limite; significa ridimensionarla in una giusta misura, nuova, moderna, non prepotente. Non si tratta di una politica debole, quindi, anzi è proprio il contrario.
È una politica che si obbliga a cinque commesse, come le definiscono i due autori.
1. investire sulle persone. Vale a dire stimolare la competenza ad agire, tramite un sistema di formazione e istruzione rimodellato. In esso la formazione permanente è strumento per difendersi dalla potenza della tecnica.
2. l’impresa come istituzione. Il che significa collocarsi al di là di un modello sociale fondato sul modello potenza-volontà di potenza proprio del turbocapitalismo che abbiamo visto declinare negli ultimi anni. Investire sulle persone permette di salvaguardare il nucleo originario della società, lo spirito d’iniziativa, la cultura dei mezzi e la mobilitazione delle risorse sociali di cui si dispone. In un tale modello, il profitto non è più il fine, può essere l’unità di misura dell’efficienza dell’impresa, in effetti, che si fonda sulla somma di valore economico più valore sociale.
3. la rete come strumento di collaborazione, e quindi come strumento associativo, non dissociativo. Si tratta di uscire dalle tentazioni del localismo, per muoversi verso il modello aperto della società della conoscenza
4. libertà religiosa vera ed effettiva come presupposto della società libera e generativa.
5. i beni di comunità, come laboratori di nuove forme di istituzioni, e di un nuovo welfare. Alcune forme di assistenza in effetti danneggiano chi ne usufruisce. Si tratta di salvare la dimensione comunitaria in questo caso, tramite un effettivo welfare di comunità.

Il libro di Magatti –Giaccardi quindi ha una grande ambizione, declinare in misura politica dei temi fortemente innovativi. La sua tesi di fondo è che, come ha affermato il sociologo Magatti, “siamo nei guai”. La crisi finanziaria ha concluso una stagione senza iniziarne un'altra. Nel 2008 si è interrotta una stagione iniziata nell'89, caratterizzata dallo slogan “più mercato e meno Stato”. Queste premesse si erano combinate nella globalizzazione, avviata dopo la caduta del muro di Berlino. La logica di fondo era di tipo espansivo e la finanza ne era in qualche modo l'archetipo, con la sua ipotesi dell’illimitata espansione. Consumare: per sua etimologia significherebbe prendere qualcosa per incorporarlo... In sé, questo del consumare non è un concetto negativo, è qualcosa di arricchente. Ma lo è diventato quando non si è posto un limite all’idea del consumare.
In questo assetto, la politica consisteva nell’andare al governo e promettere la felicità... Il naufragio storico della felicità assoluta è andato già in scena. Al movimento di fondo della globalizzazione,  la Lega ha espresso una propria reazione, segnata dalla chiusura localistica, ma è stato un progetto fallimentare.
L’idea di generatività nasce da questo quadro. Il problema, oggi, non è far ripartire quella macchina liberista. Il problema è sì la ripresa, ma semmai vista in una chiave di trasformazione. E a tale trasformazione deve dare un proprio contributo quello che possiamo definire il genius loci, ovvero una tradizione ripensata e attualizzata.
Magatti e Giaccardi  partono dalla riflessione di Erikson, quando lo psicologo americano individua un punto critico nello sviluppo soggettivo, nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Insomma, il tema della generatività ci interroga su come usare la libertà. E la fase attuale, che noi viviamo nel nostro Paese, è ancora adolescenziale. Dalla adolescenza si esce per presa di coscienza della realtà. Essa è un limite positivo. Una crisi di passaggio genera alternative, o la stagnazione: l’autoconsunzione, oppure la generatività, cioè il prendere contatto con là realtà andando oltre la realtà stessa. Non si tratta solo di liberarsi, semmai si deve ridire il concetto di libertà. Essere liberi non significa inseguire il mercato. Non siamo più  liberi se abbiamo più scelte. Alla fine ci ritroviamo a fare tutti le stesse cose, diventiamo cioè conformisti. La libertà da sola non sta insieme. Implode in se stessa. La libertà deve essere giocata pendendo posizione rispetto alla vita. Teoricamente si può fare tutto, ma poi ci si orienta per qualcosa che si sceglie. Si mette al mondo, contribuendo agli altri. Occorre avere maggiore consapevolezza di sé, e quindi riconosciamo il contributo di chi è venuto prima di noi. Solo così si riesce a pensare al futuro. Mettere al mondo, ma anche nascere alla propria responsabilità. Il discorso non è preso sul piano dei valori. Parla al nostro essere liberi. Ha a che fare con una idea di libertà. L'economia si fonda sull'atto del consumo. Altro movimento è quello del generare, che vale più del lavoro. Anche sul piano politico.

La generatività ha quindi a che fare con il desiderio.
La società di consumi produce incuria, invece va creata cura, prendersi cura, il che sviluppa le tue capacità.

Essere generativi quindi consiste nel “lasciare andare”, allo stare nel flusso della vita. Nel generare idee di legame sociale in cui la nostra realizzazione si attua attraverso il nostro stesso superamento.

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