L’affermazione del Sindaco di Cantù, secondo cui la
Porta Ferraia si trova in una proprietà privata e che come tale non può essere
oggetto di una programmazione urbanistica, ha dell’incredibile. Pressoché tutti
i monumenti di Cantù, le antiche chiese romaniche, comprese le torri, non sono
di proprietà pubblica. Non per questo si può pensare che tali edifici non siano
sottoposti a vincoli, se sono monumenti nazionali. La Porta Ferraia è inserita
nell’Oratorio della Beata Vergine, ne è parte integrante, non estranea. E tale Oratorio
è per l’appunto monumento nazionale. Tutta la proprietà Scotti è inserita in
zone di rispetto per l’esistenza di monumenti sottoposti a vincoli non
generici.
Dire che uno degli edifici meglio conservati tra le
antiche cinte murarie della nostra provincia sia di proprietà privata significa
non sapere nulla della storia di questa città. Equivale anche a non essersi mai
posti problemi relativi alla conservazione dei beni culturali.
Oltretutto, tale affermazioni secondo cui la
proprietà privata viene quasi elevata a oggetto di sacralità sono in profondo
contrasto con la lettera e lo spirito della nostra Carta costituzionale, che
pure il Sindaco di Cantù dovrebbe aver studiato. Secondo la nostra
Costituzione, alcuni “fini di utilità generale” possono determinare l’esproprio
di proprietà private (art. 42) o il trasferimento di imprese “di preminente
interesse generale” (servizi pubblici, fonti di energia) alla Repubblica o alle
sue articolazioni. Insomma, l’utilità generale è un bene al quale può essere
(se ritenuto tale dal legislatore) commisurata anche l’attività economica dei
privati. E tale previsione costituzionale, diversamente da quanto sostenuto dal
Sindaco, non è stata redatta dagli esponenti del Partito democratico canturino,
ma da padri costituenti, alcuni di cultura liberale o popolare, molto distante
da quella (comunista) entro la quale l’attuale sindaco mosse i suoi primi
incerti passi politici.
Non solo, il concetto di Bene comune che sottostà a
tale (anche nostra) cultura politica di stampo costituzionale è addirittura
molto più antico, risale alla riflessione del filosofo Aristotele, al quale il
nostro Sindaco potrebbe riandare, per rinfrescarsi le lezioni di filosofia
antica che dovette ricevere un tempo (dubitiamo con profitto) presso il nostro liceo cittadino.
Insomma, la lezioncina sindacale un po’ stile sciur padrun da li beli braghi bianchi,
o se si preferisce da turbo capitalismo thatcheriano, ci ripropone la solita
storia dei due pesi e due misure. Otto anni fa in occasione del millenario di
Galliano l’allora consigliere di minoranza Bizzozero contestò duramente le
celebrazioni, disertandole in maniera clamorosa, per l’innalzamento di un
edificio di proprietà appunto privata situato dietro la basilica di San
Vincenzo a Galliano, in parte di proprietà comunale e monumento nazionale. Non
parve allora che Bizzozero mostrasse particolare rispetto per la proprietà
privata.
Come al solito due pesi e due misure, uniti al
consueto mix di pathos, contumelie e disperazione…
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