martedì 10 marzo 2015

Porta Ferraia e cementificazione ambientale: due pesi e due misure

L’affermazione del Sindaco di Cantù, secondo cui la Porta Ferraia si trova in una proprietà privata e che come tale non può essere oggetto di una programmazione urbanistica, ha dell’incredibile. Pressoché tutti i monumenti di Cantù, le antiche chiese romaniche, comprese le torri, non sono di proprietà pubblica. Non per questo si può pensare che tali edifici non siano sottoposti a vincoli, se sono monumenti nazionali. La Porta Ferraia è inserita nell’Oratorio della Beata Vergine, ne è parte integrante, non estranea. E tale Oratorio è per l’appunto monumento nazionale. Tutta la proprietà Scotti è inserita in zone di rispetto per l’esistenza di monumenti sottoposti a vincoli non generici.
Dire che uno degli edifici meglio conservati tra le antiche cinte murarie della nostra provincia sia di proprietà privata significa non sapere nulla della storia di questa città. Equivale anche a non essersi mai posti problemi relativi alla conservazione dei beni culturali.
Oltretutto, tale affermazioni secondo cui la proprietà privata viene quasi elevata a oggetto di sacralità sono in profondo contrasto con la lettera e lo spirito della nostra Carta costituzionale, che pure il Sindaco di Cantù dovrebbe aver studiato. Secondo la nostra Costituzione, alcuni “fini di utilità generale” possono determinare l’esproprio di proprietà private (art. 42) o il trasferimento di imprese “di preminente interesse generale” (servizi pubblici, fonti di energia) alla Repubblica o alle sue articolazioni. Insomma, l’utilità generale è un bene al quale può essere (se ritenuto tale dal legislatore) commisurata anche l’attività economica dei privati. E tale previsione costituzionale, diversamente da quanto sostenuto dal Sindaco, non è stata redatta dagli esponenti del Partito democratico canturino, ma da padri costituenti, alcuni di cultura liberale o popolare, molto distante da quella (comunista) entro la quale l’attuale sindaco mosse i suoi primi incerti passi politici.
Non solo, il concetto di Bene comune che sottostà a tale (anche nostra) cultura politica di stampo costituzionale è addirittura molto più antico, risale alla riflessione del filosofo Aristotele, al quale il nostro Sindaco potrebbe riandare, per rinfrescarsi le lezioni di filosofia antica che dovette ricevere un tempo (dubitiamo con profitto)  presso il nostro liceo cittadino.
Insomma, la lezioncina sindacale un po’ stile sciur padrun da li beli braghi bianchi, o se si preferisce da turbo capitalismo thatcheriano, ci ripropone la solita storia dei due pesi e due misure. Otto anni fa in occasione del millenario di Galliano l’allora consigliere di minoranza Bizzozero contestò duramente le celebrazioni, disertandole in maniera clamorosa, per l’innalzamento di un edificio di proprietà appunto privata situato dietro la basilica di San Vincenzo a Galliano, in parte di proprietà comunale e monumento nazionale. Non parve allora che Bizzozero mostrasse particolare rispetto per la proprietà privata.
Come al solito due pesi e due misure, uniti al consueto mix di pathos, contumelie e disperazione…

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