giovedì 15 gennaio 2015

Moschea a Cantù. Valori e demagogia.


La demagogia è un prodotto maturo, e forse anche qualcosa in più, della democrazia. Una cosa poco utile, quando non dannosa per la convivenza civile.
La stiamo respirando a pieni polmoni, nella città di Cantù, a seguito dell'approvazione di una osservazione al Piano di governo del territorio in cui, circa un anno fa, si autorizzava a mutare la destinazione di un capannone industriale in luogo di culto. 
Contro la "furbizia" con cui la maggioranza, per mezzo di un espediente amministrativo, evitò un profondo e impegnativo dibattito sulla possibilità di costruire una moschea in città abbiamo già espresso il nostro punto di vista. Quella decisione fu un errore, per il metodo, più che per il merito, in quanto faceva sorgere il sospetto che si volesse evitare il pubblico confronto su un tema oggi alquanto controverso. 
Si è invece dibattuto molto poco sul comportamento, a dir poco cinico e demagogico , di quanti oggi si armano del diritto per contrastare quella decisione. Tra essi, il partito della Lega e diversi esponenti della destra cittadina. 
Se proprio costoro avessero voluto impedire la nascita di una moschea a Cantù, avrebbero avuto a disposizione lo strumento del ricorso al TAR. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione del PGT, avrebbero potuto presentare tale ricorso, e vista la procedura alquanto irrituale adottata, avrebbero ottenuto soddisfazione. 
E invece no. La scelta improvvida dell'amministrazione è ossigeno per le scompaginate e affannate truppe leghiste e per la destra cittadina, in crisi esistenziale come non mai. Quindi, meglio tenere aperta la vicenda, la si potrà sfruttare sul piano elettorale. E infatti, si può dire che l'intera campagna elettorale per le europee a Cantù venne impostata dalla Lega sulla parola d'ordine della moschea. E ora, visto che il tema è ancora vivo, la si può scegliere come motivo per scaldare il clima in vista di elezioni amministrative non tanto distanti (due anni, o poco più). 
Lega e destra cittadina si svegliano dunque da un torpore drammatico e avanzano la proposta di un referendum, chiaramente inammissibile, sia secondo la lettera del regolamento comunale vigente, e ancor meno per ragioni d'ordine costituzionale. Stupisce che a un consigliere comunale quale l'onorevole Molteni, che tanto spesso rammenta la sua laurea in giurisprudenza, sia sfuggito questo tanto significativo dettaglio. Sarà chiesto di convocare un referendum cittadino per sapere se i cittadini siano o meno favorevoli all'apertura di una moschea. E quindi potrebbero essere raccolte le firme dei cittadini. Ma quando il quesito sarà valutato dalla commissione consiliare competente, esso non potrà essere accolto. Non per ragioni di natura politica, e quindi discrezionali, ma a motivo della sua inammissibilità formale. Il fatto che il sindaco si dica favorevole a questa consultazione referendaria, più per salvare la propria faccia che per sincera convinzione, ci sembra renda ancor più caotica la situazione e contribuisce a confondere e dissimulare una sostanziale irresponsabilità tanto sua che dei suoi oppositori leghisti. 
Quando la commissione comunale dovesse bocciare il referendum, ne deriverebbe una indignazione generalizzata, un ulteriore discredito delle istituzioni; si alimenterebbe il terreno fertile per chi, per decenni, ha edificato il proprio potere esclusivamente sulla comunicazione della paura. Nel frattempo sarebbe passato ulteriore tempo, e la Lega sarebbe pronta per una campagna elettorale comunale, nella speranza che i canturini dimentichino le sue gravi responsabilità per venti anni di malgoverno cittadino. La demagogia tornerebbe al centro del dibattito pubblico, con grave danno per la verità e del valore della responsabilità politica. E i veri sconfitti sarebbero, nuovamente, i cittadini, chiamati a una scelta non sul destino della propria città, ma su parole d'ordine svianti, persino umilianti, per una cittadina di quarantamila abitanti. 
Pensare che il problema di Cantù sia l'esistenza o meno di un luogo di culto per i cittadini di fede musulmana è infatti l'estremo oltraggio che si potrebbe rivolgere ai canturini. Significherebbe ritardare ulteriormente il momento di valutazione sui limiti di venti anni di potere leghista e sull'irrisolta vicenda amministrativa civica oggi in corso, incapace di affrontare di petto le difficoltà di rappresentanza, di peso politico e persino del rispetto dovuto alla seconda città della provincia. 
Abbiamo anche letto che, persino a condizione di organizzarlo a proprie spese, la Lega porterebbe comunque i cittadini a esprimersi sul proprio quesito referendario. Anche in quel caso, assisteremmo a un'operazione da politica in fase preagonica, ma almeno non sarebbe l'ente pubblico, che rappresenta tutti i cittadini, a celebrare quella finta consultazione. E tuttavia, anche in quel caso limite, sarebbero indispensabili alcune garanzie di trasparenza e legittimità del voto, che dubitiamo sarebbero offerte dai promotori. Dovrebbero cioè convocare il loto sul modello delle primarie di parte, ma in assenza di un contraddittorio. Chi infatti tra quanti favorevoli alla moschea si presterebbe a istituire un comitato pro moschea per legittimare un'elezione che non avrebbe avuto prioritariamente una certificazione di legittimità, durante il vaglio di ammissibilità amministrativa? In assenza di un "comitato del si", un referendum, anche se forzatamente condotto da una parte politica, si riduce a un'iniziativa di propaganda, e nient'altro. Sarebbe sempre possibile che alla lega giungesse, in quel frangente, il soccorso rosso del Sindaco, ma sarebbe il gesto della disperazione, per un esponente politico in fase di definitiva dismissione. 
Alla luce di tali considerazioni, come Partito democratico cittadino rivolgiamo un invito ai canturini: evitiamo di cadere nella trappola della demagogia. Venti anni di Lega e cinque anni di inanità amministrativa di matrice "civica" sarebbero troppi, anche in altre condizioni economiche e sociali. I cittadini rivendichino dalla politica locale risposte concrete a problemi concreti, non battaglie ideologiche inutili e svianti. 
Noi ci batteremo perché il dibattito pubblico si incentri su tali temi reali, e perché nessuno sfugga dalle proprie responsabilità, a partire dai politici locali.

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