giovedì 31 gennaio 2013

Dal Programma di Umberto Ambrosoli, candidato Presidente della Regione Lombardia. La Salute


Legalità, trasparenza e senso del servizio pubblico

L’art. 32 della Costituzione afferma che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Le istituzioni Lombarde, i Comuni e la Regione, devono tornare ad essere un luogo di effettiva e solidale affermazione del principio costituzionale, di promozione di legalità e trasparenza, di creazione di capitale sociale, elementi che animano i sistemi di welfare socio-sanitari competenti e controllati che danno garanzia a tutti i cittadini di accessibilità, sostenibilità e di efficacia del servizio. La sanità è la principale competenza, oltre che spesa, della Regione e le politiche della salute riguardano e trovano attuazione in tutte le principali politiche regionali, da quelle dell’ambiente a quelle di un equilibrato sviluppo economico.

Dalla competizione alla collaborazione

Fare sistema per mettere in rete i servizi, con un’offerta unitaria a favore dei cittadini evitando inutili duplicazioni. Ridisegnare l’intera offerta sanitaria, riequilibrare il rapporto tra pubblico e privato anche per evitare gli scandali che hanno messo e mettono a rischio molti posti di lavoro. Non possiamo e non dobbiamo permettere di fare considerare la salute come un business, ma come un fondamentale Servizio Pubblico. L’effetto concomitante della spending review e delle inchieste giudiziarie ha determinato la crisi di grandi gruppi privati della sanità lombarda – che ha comportato anche la messa a rischio di molti posti di lavoro - proprio alla fine di 17 anni di governo di centrodestra, caratterizzati da un forte, esagerato “sostegno” allo sviluppo del privato nel settore sociosanitario e di alcuni soggetti in particolare. Il futuro deve ristabilire una sana e positiva competizione nei campi della ricerca e dell’assistenza, riequilibrando il rapporto tra pubblico e privato, evitando inutili duplicazioni e prevenendo opportunismi o posizioni di privilegio. Va definito un nuovo rapporto fra Regione e privato impostato alla massima trasparenza istituzionale e svincolato da logiche di scambio politico-economiche, con il rilancio della corretta funzione imprenditoriale nel settore. La salute non può essere considerata un business, ma un fondamentale servizio pubblico.

Una sanità appropriata e di qualità

La Lombardia ha investito per anni sulla produttività e la competizione, perdendo la sfida dell’appropriatezza e della qualità. Serve una stagione che rilanci la prevenzione, si occupi di cosa e come si produce e non solo di quanto e a che costi. Le eccellenze cliniche che esistono nella nostra Regione possono e devono trovare valorizzazione e espressione in una rete di presidi e servizi che collaborano operativamente tra di loro, in cui l’accoglienza e l’attenzione ai bisogni essenziali dei pazienti sia il criterio di azione. E’ fondamentale, inoltre, legare almeno negli IRCS la cura con la ricerca e la formazione.

Sanità, sociale e socio-sanitario costituiscono un continuum che non è frammentabile

Il prevalere di patologie croniche e legate alla III e IV età richiede servizi integrati, che facciano perno su quelli domiciliari e ambulatoriali. I Comuni, nella nuova dimensione del’intercomunalità, sono gli attori referenti della Regione per il cambiamento.

Dalle appartenenze al merito

In un panorama di rinnovamento del sistema sanitario lombardo, ottimizzare ruolo e funzioni delle ASL costituisce il fattore strategico del progetto. In particolare è necessario favorire la nascita di centri territoriali meglio organizzati, che si avvalgono di team di lavoro (medici, infermieri, specialisti in psichiatria e neuropsichiatria infantile) per i servizi di consulenza ai cittadini e gestione delle cronicità.

Va riformato anche il sistema delle nomine dei manager della sanità che dovrà ispirarsi a criteri di merito e non di appartenenza politica. Che porti a formare una classe dirigente capace e diffusa. Per fare questo va istituita una commissione indipendente di tecnici, che valuti in modo preventivo le professionalità e proponga rose di nomi selezionati in base a merito e competenza. Nello stesso tempo va applicata la regola del merito anche per le direzioni generali delle Aziende Ospedaliere.

Professioni sanitarie: riconoscimento pieno del ruolo

Abbiamo bisogno di un sistema delle professioni dove ogni figura sia riconosciuta come fondamentale, superando l’attuale appiattimento di competenze e altresì favorendo l’impegno del singolo e delle équipe. Prima di tutto va adottato, per colmare il debito numerico e per assicurare il previsto ricambio generazionale, uno specifico piano pluriennale che riveda i contingenti – oggi troppo esigui - di accesso ai corsi universitari per le professioni mediche, specialistiche, sanitarie. Le professioni sanitarie devono

far parte del management aziendale e partecipare al governo con ruoli di responsabilità. Mentre le aziende sanitarie, pubbliche e private, devono poter prevedere e realizzare come prassi ordinaria percorsi formativi per il personale in servizio, al fine di assicurare per ogni professionalità sempre migliori livelli di competenza.

Ticket sanitari: maggiori esenzioni e più gradualità

La Lombardia pur essendo una regione «virtuosa», applica fin dal 2003 il ticket su farmaci/diagnostica più pesante d’Italia, oltre ad avere un livello di spesa sanitaria molto alto a completo carico del cittadino. Il sistema di compartecipazione alla spesa introdotto da Formigoni non è improntato sulla equità. Oggi, per chi non ha una patologia cronica, il nostro sistema di compartecipazione prevede una fascia di esenzione molto bassa per reddito e solo per determinate classi d’età; per tutti gli altri cittadini invece, più alto è il valore della prestazione - e quindi la sua complessità - più si è tenuti a pagare.

Va quindi modificato l’attuale sistema di compartecipazione innalzando la fascia di esenzione per le famiglie con un reddito sotto i 30mila euro e introducendo una gradualità che consenta ai lombardi di contribuire alla spesa sanitaria proporzionalmente al proprio reddito.

Cure odontoiatriche: un diritto per tutti

Le cure odontoiatriche sono una componente di rilievo in un sistema sanitario pubblico moderno, eppure attualmente circa il 90% della spesa odontoiatrica in Lombardia va a strutture private. Questo crea una forte diseguaglianza nell’accesso alle cure: il 40% dei cittadini non è mai ricorso a cure dentali e gran parte di chi vi accede, lo fa solo in caso di emergenza. E’ evidente che invece, affrontando in modo preventivo le cure dentali di base dei cittadini, si eviterebbe il degenerare in situazioni più complesse e di conseguenza più

costose. La regione deve perciò contribuire alla diffusione di polizze assicurative per rafforzare il sistema di queste tutele oggi già attive. Va inoltre istituito un fondo integrativo regionale a gestione pubblico/privato alimentato attraverso la sottoscrizione del singolo cittadino con una quota predefinita in base alla propria situazione reddituale.

Innovare i servizi, decentrare e responsabilizzare la gestione

In questa regione con 10 milioni di abitanti in profondo e costante cambiamento è necessario innovare la geografia e tipologia dei servizi sociali e sanitari disponibili, rendendoli coerenti ai quadri dei bisogni emergenti, valorizzando le autonomie e le differenze locali, che richiedono una riorganizzazione delle Aziende Sanitarie e  spedaliere e soluzioni differenti tra metropoli e zone lacustri o montane.

Attenzione focale va attribuita ai processi di innovazione tecnologica nella sanità, essenziali per recuperare risorse finalizzate al contenimento degli oneri per gli utenti.

Un trattamento speciale merita il tema dell’assistenza domiciliare, infatti, quasi 400mila sono gli anziani non autosufficienti in Lombardia, la cui cura ad oggi è stata in carico alle cosiddette badanti. Secondo stime IRS le badanti in Lombardia sono quasi 150 mila, la maggior parte delle quali lavorano in modo irregolare. Regione Lombardia è stata finora tra le regioni meno attive sul fronte delle assistenti familiari. Una parziale correzione si è avuta nel 2012 con la “Dote formazione assistenti familiari” promossa dalla DG Occupazione e politiche del lavoro, ma si tratta di una iniziativa estemporanea e una tantum.

Occorre sostenere e qualificare il lavoro privato, sostenere le famiglie da un lato, e le donne lavoratrici dall’altro. Sono diversi i progetti locali avviati su questo fronte, in particolare su quello della formazione, dell’incontro tra domanda e offerta e, finché c’erano le risorse, del sostegno economico.

Nessun commento: