giovedì 26 febbraio 2009

La vita e la morte di Eluana: "Tanta ipocrisia, e altrettanta strumentalità"

Scrivo come donna credente e impegnata in politica. Voglio dire preliminarmente che, per me, l’essere credente viene prima dell’agire nella società e lo determina; un agire che ha senso solo se inteso come servizio verso l’uomo.
E da cattolica maggiorenne scrivo subito che non mi sento, in coscienza, di partecipare al coro ormai discorde di chi ha urlato all’assassinio nel caso della povera Eluana Englaro. Ho trovato molta ipocrisia e strumentalità nei peana delle ultime settimane, da qualsiasi parte provenissero, dalla destra nostrana, da pochi esponenti del mio partito, dai distanti e algidi palazzi curiali. Per diciassette anni la politica ha ignorato il dolore di una famiglia, che chiedeva di sottrarre quanto restava di una figlia a una condizione di vita-non-vita, di morte sospesa, rendendo il suo un corpo conteso tra l’amore dei suoi cari e la freddezza burocratica del Servizio sanitario nazionale. Di lei sì si sono presi cura, si sono “interessati”, i suoi genitori, le suore sacramentine di Lecco, che ho trovato oltremodo commuoventi; ma non altri, non i tanti che nelle ultime settimane si sono mobilitati, e che per diciassette anni non ci sono stati…
Tanta ipocrisia, e altrettanta strumentalità: quel corpo conteso, offeso e avvilito, irriso da vergognose, insinuanti dichiarazioni (“potrebbe partorire”, oppure: “potrebbe risvegliarsi al 50%”) è stato trasmutato in un pretesto per combattere una lotta politica, che ha come posta la libertà della persona, la dignità dell’uomo come titolare di una libertà di scelta, persino quella di non essere privato dell’ultima sua facoltà: rinunciare a un violento accanimento terapeutico.
Dopo diciassette anni, e un lungo iter giudiziario, chi governa il nostro paese ha svelato l’intenzione recondita di decidere e prescrivere in materia della sfera privata, e dei diritti dell’individuo.
Ma ecco il vero scandalo, al contrario, rappresentato dalla vicenda di Eluana: nella sua solitudine, la famiglia Englaro, ultimo presidio d’amore per quel corpo combattuto, ha saputo disvelare la componente autoritaria che ha mosso il governo nazionale, alla ricerca di una affermazione ab-soluta, privata cioè di limiti e meccanismi di bilanciamento. Altrove risiede il male che alcuni vorrebbero trovare in quel padre tanto pietoso e affettuoso, tanto amoroso da nasconderci il vero volto della propria figlia e da mostrarcelo solo come era diciassette anni fa, lei bella e solare; lo troviamo ad esempio nella politica che oggi (inorridisco solo a pensarlo!) vorrebbe definire ex lege se idratazione o alimentazione forzata rappresentino o meno un intervento terapeutico, quando è alla scienza medica che spetterebbe, solo a lei, un tale compito. Inviterei tutti a meditare su tale intenzione, esorbitante i limiti della convenzione politica liberale.
Quindi, la vicenda di Eluana ci ammonisce, che, oggi e qui, il primo bene che dobbiamo difendere è la nostra libertà, contro le minacce che su questa libertà sentiamo gravare. Mi piace pensare che ai cristiani tale vicenda possa riproporre la cultura politica dell’impegno di Aldo Moro, che non rinunciò mai alla laicità dello Stato, e ammonì i credenti al compito di diffondere con l’azione sociale i valori della vita del cristianesimo senza però annullare la natura laica della nostra Repubblica.

Cinzia Colico
Componente della Direzione provinciale


Partito democratico di Como

Nessun commento: